La vegetazione dei Colli Albani (o Castelli Romani)
I Colli Albani si sviluppano su un antico vulcano con due crateri, tutt’oggi visibili, occupati da due laghi (albano e nemi). I suoli di conseguenza appaiono in gran parte basalti e tufi, e frequenti sono le sorgenti di acque solfuree e carbonatiche.
Il territorio del Vulcano va dai 300 metri sul livello del mare fino ad arrivare alla quota di circa 950 metri.
In corrispondenza di questa zona altitudinale la vegetazione è disposta, schematicamente, secondo lo schema che segue:
Orizzonte mediterraneo (delle sclerofille)
Suborizzonte mediterraneo propriamente detto (dei Querceti sempreverdi)
Leccete 200/600 m
Laureto 300/450 m
Pinete 400/600 m
Orizzonte submediterraneo
Suborizzonte submediterraneo propriamente detto
Querceti caducifogli xerofili con roverella 500/600 m
Suborizzonte submontano
Cerreto
Casatgneto 600/950 m
Scopiglieto
Lungo le pendici del vulcano si può osservare una copertura vegetazionale a Leccio (Quercus ilex), soprattutto nei valloni esposti a sud e sulle rupi assolate, altrove da formazioni a roverella e da boschi misti, alternati ad arbusteti (“scopiglieti”) fino ad arrivare, nella parte sommitale di M.te Cavo, a residui di faggeta.
Lecci secolari crescono lungo le vie che da Castel Gandolfo conducono ad Albano, a ridosso e sopra la terrazza basaltica del Tuscolo, nelle Ville Tuscolane (Lancellotti, Falconieri, Mondragone e Aldobrandini) e nel Bosco Chigi presso Ariccia (relitto del bosco sacro ai Latini “nemus arcinus”). Inoltre le leccete si estendo verso Ovest da Lanuvio, e intorno ai bacini dei due laghi si assiste ad un inversione termica vale a dire che la lecceta si rinviene sulla sommità dei bacini imbriferi, mentre le specie più mesofile occupano gli strati più basali, intorno alle sponde. Al leccio si consociano altre essenze tipiche della macchia mediterranea quali Corbezzolo (Arbutus unedo), Viburno (Viburnum tinus), Erica (Erica arborea), Alaterno (Rhamnus alaternus), Cisto femmina (Cistus salvifolius), Pungitopo (Ruscus aculeatus), Asparago (Asparagus acutifolius) e talora Alloro (Laurus nobilis). Alcune specie della lecceta tendono a compenetrarsi anche con il bosco a Roverella (Quercus pubescens) e il bosco misto ad Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus, Acer campestre, Corylus avellana, Clematis vitalba Ranunculus lanuginosus ecc..
I boschi di roverella (Quercus pubescens)sono molto frequenti e spiccano sulla dorsale Sud/Ovest della Dorsale Tuscolana. In questi boschi di latifoglie eliofile spiccano diverse specie aromatiche come il timo (Thymus serpyllum), l’origano (Origanum vulgare), la Calamintha nepeta ecc.
Uno degli alberi più famosi che si erge nel parco dei Castelli Romani è anch’esso una roverella. Ad oggi ha un diametro del tronco di più di 5 metri e un’altezza che supera i 20 metri. Le sue branche monumentali ormai sono incastonate e sorrette dai pilastri di uno dei cancelli di Villa Falconieri.
Nella zona di transizione tra le pendici e le vette del vulcano trovano il loro ambiente ideale alcune latifoglie caducifoglie che si associano a formare un “bosco misto”, dove cioè una specie non ha la netta prevalenza sulle altre tale da caratterizzare l’associazione vegetale. Qui troviamo l’Orniello, l’Acero campestre, il Carpino nero, l’Olmo e il Nocciolo. Il fitto sottobosco è tappezzato di Pungitopi, Ranuncoli (Ranunculus lanuginosus), Viole (Viola odorata), Fragole (Fragaria vesca)ed Edera (Hedera helix). Questi boschetti presentano un carattere più mesofilo rispetto alla roverella. Esempi sono presenti in tutta l’area dei Colli Albani a testimoniare il loro passato rigoglioso prima dell’”invasione” del Castagno (Castanea sativa).
Svariate pinete come quella del “Tusculum”, la pineta di Vallone Tempesta sul lago di Nemi, e quella di monte M.te Pardo (costituite da Pinus pinea e Pinus pineaster) sono sicuramente di origine antropica, anche se incerta è l’epoca degli impianti originali. Al loro interno però vegetano specie degne di nota come Colutea arborescens, Cytisus scoparius e Orchis papilionacea, e specie rare come Myrrhoides nodosa che si rinviene ai margini dei resti del teatro romano e Paeonia mascula subsp. mascula ai margini del castagneto.
Nel corso della storia il passaggio dell’uomo è stato importante ed ha lentamente modificato il territorio che lo circondava, ed anche la flora; così accanto ai boschi secolari di leccio sono nati vigneti ed uliveti, mentre al posto dei boschi misti e più in alto e delle faggete, di cui molto spesso oggi rimangono i toponimi (Colle dei Faggi, Piano della Faveta, M.ti delle Faete, Macchie della Fajola, Colle del Favo ecc.) troviamo i castagneti. Sembra che la diffusione sia dovuta al fatto che questo produce una più cospicua massa legnosa, a parità di tempo, rispetto ad altre essenze arboree. Il suo utilizzo era ,ed è ancora, legato al mercato vinario (assi per le botti, paleria per la realizzazione dei filari) ma anche per l’alimentazione umana ed animale con la farina di castagne e tutti i derivati. In alcuni casi a testimoniare la presenza delle faggete relitte al posto dei boschi di castagno si rinvengono specie proprie di questo tipo di boschi sia erbacee, come la velenosa Atropa belladonna, Daphne laureola, Poa bulbosa, Dactylorhiza maculata, che arboree quali il tiglio (Tila platyphyllos), l’acero (Acer opalus subsp. obtusatum) o l’agrifoglio (Ilex aequifolium). Altre volte invece però la modesta copertura delle faggete ancorchè dai toponimi è testimoniato dalla presenza stessa del faggio (Fagus sylvatica).
Queste faggete (Passo Broscione, Maschio dell’Artemisio, dorsale Tuscolana) sono definite eterotropiche poiché si rinvengono in un range altitudinale inferiore rispetto a quello di crescita della specie (800-1000 m). La stazione di faggio forse più famosa è quella di Fonte Tempesta (586 m), nella quale si erge un esemplare dal tronco basso e poderoso che protende i rami sopra il fontanile stesso.
Infine particolarmente degne di nota sono quelle specie che si rinvengono solamente nel territorio del parco (endemiche) come ad esempio il Trifolium latinum o la rarissima Vicia sativa subsp. incisa la cui unica stazione segnalata per l’Italia si trova presso Castelgandolfo presso una radura boschiva. Alcune specie sono segnalate in poche località come ad esempio lo Storace (Styrax officinalis), che in Italia non si rinviene all’infuori del Lazio, il Bossolo (Stapphylea pinnata), o la Ginestra ghiandolosa (Adenocarpus complictus), specie protette dalla L.R. 64/1971 che ne vieta la raccolta. Nei pascoli attorno a Rocca di Papa sono copiose a primavera le fioritura di Narcisi (Narcissus poeticus). Tra le altre si rinvengono sui Colli Albani Teesdalia nudicaulis, Berteroa obliqua, Oenother biennis, Linaria pallisseriana.
Nel Lago di Nemi si rinvengono le macrofite acquatiche Potamogeton pectinatus e Najas marina, ormai divenute poco diffuse a causa dello sfruttamento delle risorse idriche.