Stato dell’Arte

Le piante usate come erbe o spezie producono, in piccole quantità, sapori o odori caratteristici quando aggiunti al cibo o altre sostanze; queste specie sono additivi alimentari naturali comunemente utilizzate da migliaia di anni, nelle diverse parti del mondo, per aumentare o migliorare il sapore, il colore e per conservare la qualità dei cibi e per apportarne principi nutritivi, vitamine e minerali utili nella digestione e nel loro metabolismo.
La maggior parte delle sostanze chimiche responsabili di questi sapori e gli odori distintivi sono composti conosciuti come oli essenziali. Queste sostanze chimiche sono anche chiamate oli volatili e sono solitamente terpeni ma possono essere una varietà di altri composti quali acidi, fenoli, idrocarburi, chetoni, alcoli, molecole solfate, molecole azotate, esteri, aldeidi e ossidi.

Per gli esseri umani l’uso di spezie con proprietà antimicrobiche si è sviluppato in parallelo con lo sviluppo di microrganismi che provocavano il deterioramento dei cibi come hanno dimostrato studi internazionali sull’uso uso delle spezie in cucina. I composti chimici prodotti dalle piante per proteggersi dai loro nemici naturali agiscono anche negli alimenti cui vengono aggiunti. Infatti prima dell’avvento dei sistemi di refrigerazione i microrganismi che procuravano il deterioramento dei cibi erano una minaccia molto grave per la salute umana. Si pensa dunque che la ragione principale per l’utilizzo di spezie è di uccidere batteri e funghi responsabili di tossinfezioni alimentare.
Aglio, cipolla, e origano, ad esempio, sono risultati essere tra i più potenti antibatterici seguiti da timo, cannella, dragoncello e cumino (ognuno dei quali in grado di uccidere fino al 80 % dei batteri). Peperoni, compresi peperoncini e altri derivati, uccidono o inibiscono fino al 75 % dei batteri, mentre il pepe della varietà bianco o nero inibisce il 25 % dei batteri, così come lo zenzero, semi di anice, semi di sedano e il succo di limoni e limette. Tuttavia anche l’ipotesi che le spezie forniscano tracce di sostanze anti-ossidanti o altri prodotti chimici per aiutare la digestione è valida e comunque non esclude la spiegazione antimicrobica.
Il numero di articoli pubblicati circa i composti fenolici presenti in diverse specie di spezie è impressionante. Alcune spezie sono state studiate per la loro attività biologica nei confronti di patologie croniche come il diabete, l’ipercolesterolemia e le infezioni batteriche. Proprietà antimicrobiche sono state dimostrate in aglio, cipolla, zenzero, cannella, curcuma, pepe e senape; chiodi di garofano, cannella, origano, pepe nero, curcuma, zenzero e specie di Polygonum contengono fitocostituenti con forte potenziale antiossidante e protettivo verso la mucosa gastrica.

Le spezie si distinguono dalle erbe aromatiche: queste ultime sono parti verdi o foglie fresche di piante usate per dare sapore, mentre le spezie non sono fresche ma sono in genere essiccate.

Spezie ed erbe aromatiche hanno avuto una loro secolare storia di competizione gastronomica. La gran parte delle erbe aromatiche sono indigene dell’area mediterranea, mentre molte spezie sono di provenienza tropicale.
Il ruolo che le spezie e le erbe aromatiche hanno ricoperto anche fuori dal campo alimentare si è affievolito sempre più con il passare del tempo.
Oggi però l’aumentato interesse per le spezie e per le specie aromatiche sia da parte di aziende farmaceutiche che nell’ambito della ricerca scientifica può essere correlato al contenuto molto elevato di proprietà antimicrobiche e antiossidanti riconducibili alla presenza di vitamine, flavonoidi, terpeni, carotenoidi, fitoestrogeni, elementi minerali che giustificherebbero l’utilizzo delle spezie come preservanti la qualità dei cibi e la salute umana.

In tale specifico contesto, riportiamo le considerazioni della Federazione Italiana Produttori Piante Officinali:
“Il consumo di piante medicinali ed aromatiche da parte dell’industria alimentare, liquoristica, cosmetica ed erboristica è in continuo aumento in tutto il mondo.
Nel nostro paese, mentre il settore della trasformazione e di quello della commercializzazione dei prodotti finiti hanno fatto registrare negli ultimi 10 anni un notevole incremento (il consumo annuo di piante medicinali ed aromatiche coltivabili in Italia è stimato in circa 100/120 milioni di euro, dati ASSOERBE), quello della coltivazione stenta a svilupparsi e la superficie investita in Italia a piante officinali erbacee rimane modesta (circa 1.800 ha)
Il fatto che il 70% del fabbisogno nazionale di erbe venga importato, porta a dedurre che in Italia ci dovrebbero essere buone possibilità di incrementare le coltivazioni di piante medicinali ed aromatiche e numerosi produttori agricoli vedono nelle coltivazioni di queste piante delle nuove opportunità che si augurano più remunerative di quelle tradizionali.” (FIPPO – 2011)

Molte delle erbe aromatiche e spezie appartengono alla Famiglia della Lamiaceae o Labiatae
Tutte queste famiglie presentano ghiandole, contenenti oli essenziali aromatici, diffuse in tutte le parti della pianta ma particolarmente nelle foglie, occupando da sempre un ruolo di primo piano nella tradizione medica popolare e rappresentando, ancora oggi, validi rimedi per le loro proprietà digestive, calmanti e toniche del sistema nervoso. Molte di queste proprietà sono da ricondurre alla presenza di flavonoidi, acidi (ursolico, oleanoloico, caffeico, rosmarinico), tannini che conferiscono le proprietà sudorifiche, calmanti, carminative, gastriche, antisettiche, antimicrobiche e antiossidanti in generale. La presenza di oli essenziali fa si che molte Labiatae trovino impiego in vari settori industriali come quello alimentare, nel settore profumeria ed erboristico e nell’industria farmaceutica nonostante oggi i più importanti costituenti dei loro oli (come mentolo, timolo, ecc.) vengano prodotti artificialmente per via sintetica. Fra le specie alimentari usate come condimento dei cibi si possono citare: il timo (Thymus sp.), il basilico (Ocimum basilicum), la salvia (Salvia officinalis) e il rosmarino (Rosmarinus officinalis), l’origano (Origanum vulgare), la maggiorana (Majorana hortensis), la santoreggia (Satureja hortensis) e la melissa (Melissa officinalis); da quest’ultima pianta si ricava un olio essenziale di sapore simile al limone, usato per bevande e in profumeria. Altre specie importanti appartengono al genere Mentha: Mentha aquatica, Mentha pulegium, Mentha spicata. Queste piante hanno un forte odore e sapore rinfrescante, per cui l’essenza che si ricava dalle loro foglie è usata come aromatizzante in pasticceria e in profumeria.
L’Orto Botanico di Tor Vergata essendo sede della Banca di Conservazione del Germoplasma conduce studi e ricerche sulle specie autoctone della regione Lazio e su tutto il territorio nazionale. Tra le accessioni conservate ci sono specie sia boschive che di interesse agroalimentare, tra queste ultime un settore è dedicato alle erbe e spezie tipiche dei castelli romani (tabella 1). Recentemente l’Orto Botanico è stato coinvolto in un progetto che prevedeva lo studio di specie officinali di monti Ernici nel corso del quale sono state messi a punto protocolli per la caratterizzazione di gemmo derivati, biancospino, ribes, ed altre specie autoctone.