la stampa.it- tuttogreen, Beppe Croce (direttore Chimica Verde bionet) , Francesco Ferrante (vicepresidente Kyoto Club)
1.Molte colture, come il grano, ci consentono di ottenere dalla stessa pianta diverse cose, alimentari e non. La pianta stessa è la prima bioraffineria. Dalla lavorazione del cardo (Cynara cardunculus), attualmente sperimentato in Sardegna come base vegetale per la bioraffineria di Matrica a Porto Torres, possiamo ottenere al tempo stesso olio per biopolimeri e biolubrificanti, farine proteiche per la zootecnia e polline pregiato per l’apicoltura. Il resto della biomassa (lignina e cellulosa) si può avviare a uso energetico. Stesso discorso per le filiere zootecniche: insieme al latte e ai latticini, posso produrre biometano dalle deiezioni, cosa ormai nota, ma anche, con un adeguato trattamento del digestato (il residuo del biogas), ammendanti, fertilizzanti o addirittura basi per bioplastiche (poliidrossialcanoati). L’intreccio food/non food potrebbe offrire l’opportunità di rimettere a coltura terreni fertili oggi non più lavorati o versanti di collina abbandonati al dissesto idrogeologico perché davano scarso reddito;
2.possiamo anche coltivare nello stesso terreno specie diverse, food e non food, con adeguati avvicendamenti o coperture permanenti del suolo (es. cereali vernini) o anche consociazioni (in alcune zone dell’America latina coltivano cotone biologico in consociazione con fagioli e manioca, garantendo in tal modo anche l’autosufficienza alimentare delle famiglie contadine). Un uso efficiente del suolo che offre diversi benefici: contribuire all’arricchimento di sostanza organica, alla biodiversità e alla resistenza spontanea ai patogeni e al tempo stesso assicurare all’azienda agricola un reddito annuo per ettaro decisamente più elevato;
3.e infine abbiamo il problema dei terreni contaminati, che purtroppo riguardano diverse aree del nostro Paese e non solo della Terra dei Fuochi. Su queste terre le coltivazioni non food sono oggi l’unica possibilità di mantenere l’agricoltura in quei luoghi e di non abbandonarli a ulteriore degrado o a speculazioni cementizie. http://www.lastampa.it/2014/05/06/scienza/ambiente/il-caso/energia-dallagricoltura-una-soluzione-c-3kvzkQCPALo489kHO9mKJJ/pagina.html
Università di Tor Vergata