Il Sole 24 Ore – 15/09/2013
Francesca Cerati
… secondo i calcoli l’aspettativa di vita sale costantemente di 2,5 anni per decennio dal 1840. Sei ore al giorno! A questo ritmo nei paesi occidentali la maggior parte dei bambini nati nel Duemila festeggeranno i 100 anni nel 22esimo secolo.
Fino a qui, è il risultato di un migliore tenore e stile di vita, una maggiore istruzione e un facile accesso alle cure mediche. In futuro, il rinvio della mortalità sarà alimentato dalla scoperta dei geni della longevità e il loro controllo (su questo fronte grandi contributi stanno venendo da due italiani, Paola Sebastiani, professoressa di biostatistica alla Boston University School of public health e Pier Giuseppe Pelicci, condirettore dell’Istituto europeo di oncologia di Milano), così come la medicina rigenerativa è una grande promessa per ringiovanire organi e tessuti.
A mettere insieme e correlare questi fattori è la bio-demografia, un nuovo campo di ricerca che vede nel professor James W. Vaupel, direttore esecutivo dell’Istituto Max Planck per la ricerca demografica, uno dei suoi fondatori nonché fra i massimi esperti sulla ricerca dell’invecchiamento. The Lancet l’ha definito l’innovatore della demografia dell’invecchiamento, essendo stato il primo a proporre la plasticità della longevità. Vaupel ha dimostrato che non c’è un limite preciso all’aspettativa di vita dell’uomo e ha avanzato l’ipotesi che la durata della vita umana non è fissa, ma varia anche in funzione delle dimensioni della popolazione.
Sempre suo il concetto di demografia evoluzionistica, che mette in relazione la mortalità specifica di ogni età con i processi evoluzionistici che la determinano. Per questo nel Duemila ha creato [...]
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Università di Tor Vergata