franco brizzo
Si è iniziato con i tetti verdi – i cosiddetti green roof – poi è stata la volta dei giardini verticali. Ora ci sono le facciate microbiche. Se fino a qualche tempo fa funghi ed alghe venivano associati a deperimento e non erano considerati come integrabili negli edifici, ora le cose si sono completamente capovolte e sempre più architetti guardano con interesse al potenziale estetico e funzionale di questi microrganismi.
L’esempio forse più celebre è quello portato dal gruppo tecnologico dell’Universitat Politecnica de Catalunya (UPC) di Barcellona, che ha sviluppato un sistema di pannelli di rivestimento in calcestruzzo multistrato pensati per garantire la crescita di muschi, funghi e licheni. Il calcestruzzo biologico di UPC mescola cemento di Portland con il magnesio di fosfato, che – grazie alla sua acidità – sostiene la proliferazione biologica. Il sistema-facciata di UPC si compone di quattro elementi, spiega la dottoranda Sandra Manso: uno strato impermeabilizzante, uno [...]
Altro esempio da citare è la BIQ House realizzata congiuntamente dagli studi di progettazione Arup, Splitterwerk, Colt International e Strategic Science Consult. In questo progetto i pannelli vetrati sono in realtà dei bioreattori, ossia dei sistemi biologici controllati costituiti da microalghe e sostanze nutritive.
Università di Tor Vergata