Progetto BRAIN DIET

Premessa

La neurodegenerazione è un processo patologico di tipo cronico a carico delle cellule del sistema nervoso. I neuroni interessati da questo fenomeno sono soggetti ad alterazione delle loro funzioni biologiche e selettivamente indotti a morte cellulare. A seconda del tipo cellulare neuronale interessato e in base al difetto genetico e/o metabolico che innesca la degenerazione, si possono distinguere, in tale ambito, diversi tipi di malattie: dalle più conosciute come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la Corea di Huntington e la Sclerosi Laterale Amiotrofica a quelle meno note quali la malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker e la demenza da corpi di Lewy.

La distruzione delle connessioni neuronali, in questi contesti, può comportare deficit cognitivi, disturbi comportamentali e psicologici, infermità mentale e alterazioni motorie che riducono la qualità e le aspettative di vita. Sebbene in ciascuno di questi disordini fisiologici siano state identificate specifiche molecole chiave implicate nello sviluppo e nell’avanzamento dello stadio patologico, come ad esempio la Parkina (una ubiquitin E3 ligasi) o l’Huntingtina (una proteina multifunzione il cui ruolo biologico non è ancora chiaro) rispettivamente nel Parkinson e nella Corea di Huntington, da diversi anni è ormai noto nel mondo scientifico come lo sbilanciamento redox cellulare sia il denominatore comune rintracciabile in tutte queste malattie. Tuttavia, non è ancora chiaro se l’induzione di stress ossidativo sia una delle cause primarie o semplicemente conseguenza a valle del processo neurodegenerativo. A causa del loro elevato tasso metabolico e della loro relativa ridotta capacità di mantenere stabile l’equilibrio ossido-riduttivo intracellulare, le cellule neuronali sono particolarmente suscettibili al danno indotto da specie reattive. Infatti, elevate concentrazioni di marcatori di perossidazione lipidica (es. 4-idrossinonenale e malondialdeide) sono stati identificati nella corteccia e nell’ippocampo di pazienti con Alzheimer, nella substantia nigra di pazienti affetti da Parkinson e nel fluido cerebro-spinale di malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica. Nitrosilazione e carbonilazione proteica, modificazioni post-traduzionali associate a stress ossidativo, sono state individuate, invece ad alti livelli, nell’ippocampo e nella neocorteccia di individui con Alzheimer, Parkinson, Demenza da corpi di Lewy e in neuroni motori di pazienti colpiti da Sclerosi Laterale Amiotrofica. In alcuni casi, come riportato per le regioni del cervello interessate da degenerazione da Alzheimer, è stato anche dimostrato che le difese antiossidanti enzimatiche endogene (quali per esempio catalasi, superossido dismutasi e glutatione perossidasi) sono fortemente ridotte. In quasi tutte le patologie neurodegenerative, inoltre, il danno ossidativo è associato a una disfunzione dei mitocondri, organelli che rappresentano la centrale energetica delle cellule, ma che possono rappresentare una importante fonte di molecole ossidanti. I dati scientifici dimostrano quindi come le reazioni ossidative abbiano un ruolo predominante nell’instaurare questo tipo di patologie. Come descritto in altri lavori, questo tipo di stress ossidativo sarebbe coinvolto anche nell’attivazione della sintesi di ossido nitrico e di citochine nelle cellule gliali che, invece di sostenere e isolare i tessuti neuronali, diventerebbero ulteriore fonte di agenti che inducono neurodegenerazione.

In generale, si ritiene che il danno ossidativo, le disfunzioni mitocondriali, l’accumulo di aggregati proteici modificati e l’attivazione di fattori pro-infiammatori rappresentino i fattori che collaborano all’induzione del blocco metabolico e della morte dei neuroni interessati. Uno degli aspetti certamente più interessanti è rappresentato dal fatto che alcuni studi riportino come la mancanza o l’alterazione di processi di rimodellamento cellulare, come l’autofagia, possano essere alla base della neurodegenerazione, anche in neuroni il cui genotipo è mancante delle varianti alleliche mutate tipiche del fenotipo malato. L’autofagia, un importante processo per il turnover del contenuto citoplasmatico (specialmente in cellule quiescenti come quelle neuronali), avrebbe una funzione importantissima nella regolazione dell’omeostasi dei neuroni e potrebbe possedere un ruolo protettivo contro lo sviluppo di numerose malattie degenerative a carico di queste cellule. Diversi lavori scientifici riportano, inoltre, come le molecole antiossidanti possano fortemente inibire l’insorgenza e lo sviluppo delle malattie neurodegenerative, fungendo da neuroprotettori. Questo effetto sembra essere dovuto essenzialmente al fatto che tali composti siano in grado di ridurre la risposta infiammatoria cellulare, recuperare gli sbilanciamenti ossido-riduttivi presenti in neuroni soggetti a stadi patologici, nonché prevenire la formazione di aggregati proteici tossici, anche chelando ioni metallici (come nel caso dell’Alzheimer, in cui la proteina precursore della placca amiloidea non riesce più a condensare e a determinare il danno cellulare). In base a queste osservazioni, la dieta assume un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel contenimento della neurodegenerazione. Frutta, semi e verdure, in particolare, sono gli alimenti che maggiormente forniscono alle cellule umane antiossidanti esogeni non enzimatici, in particolar modo metaboliti secondari altamente riducenti e capaci di complessare ioni metallici. E’ anche noto che i polifenoli di origine vegetale hanno proprietà neuroprotettive derivanti sia dalle loro capacità antiossidanti e anti-infiammatorie sia dalla loro influenza sull’omeostasi mitocondriale e sui meccanismi di corretto avvolgimento delle proteine.

Inoltre, l’autofagia risponde direttamente alla presenza intra- ed extra-cellulare di amminoacidi e glucidi disponibili per la bioenergetica cellulare e la sintesi proteica ed è fortemente indotta da una dieta ipocalorica e dall’attività muscolare. Infine, al danno mitocondriale si associa spesso uno sbilanciamento del metabolismo energetico neuronale e muscolare (come nel caso della Sclerosi Laterale Amiotrofica) che si riflette in una scorretta utilizzazione di fonti energetiche derivanti dall’alimentazione.

Ciò supporta l’idea che le proprietà qualitative e quantitative dei prodotti vegetali utilizzati nell’alimentazione possa avere, ed abbia avuto nella storia dell’uomo, un ruolo fondamentale nell’evoluzione della regolazione neuronale nelle malattie degenerative a carico del sistema nervoso e che un approccio di nutraceutica (“nutrizione farmaceutica”) possa costituire una potente alternativa alla farmacologia classica per la prevenzione e il trattamento di queste malattie.

Scopo del Progetto

Lo scopo del presente progetto sarà quello di ottenere nuove evidenze scientifiche sull’insorgenza, lo sviluppo e la progressione di patologie neurodegenerative al fine di favorire l’identificazione di protocolli e trattamenti atti alla prevenzione e al contenimento delle stesse, nonché all’allungamento delle aspettative di vita e al miglioramento della qualità della stessa di pazienti colpiti da tali disturbi.

Ipotesi progettuale

Diversi alimenti di origine vegetale saranno scelti sulla base dei dati riportati in letteratura scientifica e valutati ex novo per le loro proprietà nutritive e nutraceutiche. Gli estratti ottenuti da questi prodotti saranno caratterizzati a livello molecolare, al fine di definire per ciascuno di essi un profilo biochimico univoco, e studiati per le loro potenzialità biologiche, in particolar modo quelle antiossidanti. Inoltre, le singole classi di metaboliti secondari, identificate nei vari campioni alimentari, potranno essere isolate dalle restanti e la loro funzione neuroprotettiva potrà essere valutata. Queste specifiche molecole, infatti, prese singolarmente, miscelate in adeguati rapporti al fine di ottenere un effetto sinergico delle stesse o veicolati medianti specifici carriers (es. nanodiamanti o liposomi), saranno utilizzate come trattamento in esperimenti su modelli genetici cellulari e animali di patologie neuronali, con lo scopo di valutare se e come le abitudini alimentari possano prevenire l’insorgenza, favorire il contenimento e/o regolare lo sviluppo di malattie neurodegenerative.

In particolare, in questi sistemi in vitro e in vivo, si andrà a valutare la modulazione del metabolismo mitocondriale, il livello di danno cellulare e tissutale (es. aggregazione proteica) e il grado di induzione e di progressione autofagica neuronale, in risposta a nutraceutici di origine vegetale assunti attraverso diversi regimi alimentari. Inoltre, determinazione di vescicole autofagiche e loro manipolazione con metodi innovativi (optognetici e farmacologici) sarà effettuata su terminazioni sinaptiche di neuroni in fase degenerativa. Colture in vitro di cellule vegetali saranno sviluppate, in seguito, per trovare le condizioni di crescita che maggiormente favoriscono la sintesi di quelle specifiche molecole a maggiore attività neuroprotettiva, per favorire un incremento della concentrazione di questi composti nei tessuti vegetali (che normalmente le producono a livelli basali) e per velocizzarne la produzione massiva a scopi terapeutici. D’altra parte, sarà attuata anche un’analisi del genoma totale di vari ominini pleistocenici insieme con la ricostruzione virtuale ad alta risoluzione dei loro cervelli attraverso le impronte lasciate all’interno delle calotte craniche.

Lo studio della coevoluzione dei genomi e delle aree specifiche del cervello che sono caratteristiche di Homo sapiens permetterà, infatti, di identificare geni, elementi regolatori e reti di regolazione genica che rappresentano l’impronta caratteristica del cervello umano moderno così come dei difetti genetici associati alle malattie neurodegenerative. Quindi, utilizzando i metodi e le più avanzate tecniche di paleo-genomica e paleo-neurologia, verranno studiati i meccanismi evolutivi che hanno contribuito ai disordini neurodegenerativi che, alla luce di una prospettiva evolutiva, sono attualmente visti come la contropartita delle peculiari abilità cognitive che la nostra specie ha acquisito. Infine, uno studio comparativo di geni autofagici nell’evoluzione, con particolare riferimento a siti molecolari bersaglio di modificazioni post-traduzionali ad alto impatto regolativo nella neurodegenerazione, sarà svolto per valutare il ruolo chiave di questo fenomeno cellulare nello sviluppo di patologie neuronali.