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la stampa.it – 22/2/2014, m. panarari

Tre reportage non convenzionali nel nuovo libro di Nicolò Carnimeo
Come è profondo il mare (Chiarelettere, pp. 192)
Carnimeo, docente di Diritto della navigazione all’Università di Bari e giornalista (che collabora, tra gli altri, con La Stampa e il programma di Rai1 Linea blu) [...] è andato a vedere di persona, in una delle “zone di convergenza” tra gli oceani, il Great Pacific Garbage Patch, uno di quei mostruosi e informi “blob” generati dall’incrocio tra le correnti, dove galleggiano tonnellate di plastica. E, malauguratamente, non è il solo; un’immensa isola di plastica nell’Oceano Indiano, due nell’Atlantico, due nel Pacifico (di cui una dell’estensione dell’Europa), e tanta, tantissima nel chiuso Mare nostrum, dove, sul Gargano – per portare un altro dei vari esempi di devastazione ambientale ed etologica di cui si occupa Carnimeo – si assiste al massacro dei capodogli, avvelenati dalle sostanze tossiche che circolano nell’acqua. Ed ecco il “mare di mercurio” (che, attraverso il pesce che mangiamo, avvelena, senza che ce ne accorgiamo, anche noi), e quello “di tritolo”, che deriva dagli sversamenti nell’Adriatico di materiale bellico risalente alla seconda guerra mondiale (un’altra storia, non abbastanza conosciuta, ricostruita in questo volume) e, molto più recentemente, proveniente dai conflitti nei Balcani. E qui ritroviamo una delle ragioni principali delle ultime invasioni di alghe e meduse aliene rispetto all’ecosistema abituale del Mediterraneo. http://www.lastampa.it/2014/02/22/scienza/ambiente/focus/mari-di-plastica-mercurio-e-tritolo-m5dXqxIZW0na4tYSSCzf5N/pagina.html