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le scienze.it, 14/7/2016
Se siamo come siamo, lo dobbiamo in parte significativa alla pressione selettiva esercitata dai virus: almeno il 30 per cento delle differenze che distinguono le nostre proteine (e la loro funzionalità) da quelle degli altri mammiferi sono una conseguenza di infezioni virali. La scoperta è di un gruppo di biologi della Stanford University, che illustrano la loro ricerca su “eLife”. [...]
Le precedenti ricerche sulle interazioni tra virus e proteine si erano infatti concentrate su un numero molto ristretto di proteine, cioè quelle direttamente coinvolte nella risposta immunitaria.
Ora, per la prima volta Enard e colleghi hanno cercato le tracce degli effetti delle infezioni virali su tutti i tipi di proteine [...] I ricercatori hanno preso in esame in particolare 9900 proteine i cui geni sono presenti in tutte le specie di mammiferi di cui è stato finora sequenziato il genoma ... http://www.lescienze.it/news/2016/07/14/news/evoluzione_accelerata_proteine_interagenti_virus_adattamento-3161274/
https://elifesciences.org/content/5/e12469

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LA STAMPA.IT - 14/7/2016, TUTTOSCIENZE, V. ARCOVIO
Dagli australopitechi ai Sapiens, tante avventure inattese - Intervista a Olga Rickards
... «Grazie ai progressi nello studio del Dna antico e nella biologia molecolare possiamo cogliere l’evoluzione con le mani nel sacco proprio mentre sta operando e riscrivere la storia dell’uomo e dei suoi antenati». [...] Olga Rickards, scienziata a capo del Centro di antropologia molecolare per lo studio del cosiddetto «aDna» dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, dove si estrae e si analizza solo ed esclusivamente il Dna di epoche remote. [...] dall’analisi del genoma mitocondriale di reperti umani ritrovati nell’area megalitica di Saint-Martin de Corleans ad Aosta, siamo riusciti a risalire all’aplogruppo di appartenenza delle varie sequenze e alla loro probabile origine geografica. [...] dal sequenziamento del genoma dell’uomo di Neanderthal si è scoperto che l’Homo sapiens proveniente dall’Africa non ha sostituito i cugini neanderthaliani nell’Eurasia occidentale, ma che c’è stato un mescolamento: sono state riscontrate tracce di Dna di Neanderthal nelle popolazioni attuali dei continenti asiatico ed europeo, nonché tracce del nostro genoma in un neanderthaliano». [...] «Grazie al Dna possiamo risalire alle caratteristiche fenotipiche dei popoli del passato, cioè al colore della pelle, degli occhi e dei capelli. Possiamo anche sapere, da un solo frammento di ossa, se ci sono state malattie genetiche e risalire ai rapporti di parentela e al sesso degli individui... http://www.lastampa.it/2016/07/14/scienza/tuttoscienze/la-nostra-storia-prima-della-storia-io-la-scopro-nel-dna-pi-antico-qtQGMXumWVsLWS2gGsl4oJ/pagina.html

progetto brain diet
Premessa La neurodegenerazione è un processo patologico di tipo cronico a carico delle cellule del sistema nervoso. I neuroni interessati da questo fenomeno sono soggetti ad alterazione delle loro funzioni biologiche e selettivamente indotti a morte cellulare. A seconda del […]:
la stampa.it - 13/7/2016
Massimi esperti riuniti al congresso di NeuroMi 2016. L’incidenza della malattia è in declino, ma il progressivo invecchiamento della popolazione non ne arresta l’ascesa
... Genetisti, biologi molecolari, nanotecnologi, neurologi e scienziati cognitivi, massimi esperti nella lotta alle demenze, si sono riuniti a Milano-Bicocca in occasione del secondo Simposio internazionale di NeuroMi 2016, «Prediction and prevention of dementia: a new hope». [...] fondamentale anticipare la diagnosi prima che i danni siano irreversibili. E così la ricerca punta oggi all’identificazione di biomarcatori genetici, biochimici e neuropsicologici capaci di indicare i pazienti a rischio di demenza molti anni prima della comparsa dei sintomi clinici. [...] «Oggi, grazie alla PET con tracciante per amiloide, possiamo osservare l’accumulo progressivo di A beta nel cervello [...] Carlo Ferrarese direttore Scientifico di NeuroMi, il Centro di Neuroscienze di Milano. In caso di PET positiva, non è ancora possibile sapere se e quando la malattia si manifesterà. Ora, però, due possibili strade terapeutiche si stanno aprendo proprio per combattere la deposizione della proteina, «nuovi farmaci in grado di bloccarne la produzione – inibitori della secretasi - oppure anticorpi monoclonali in grado di rimuoverla» [...] «Sappiamo che specifiche alterazioni della funzione cognitiva, chiamate disturbo cognitivo lieve (MCI), spesso precedono di molti anni la demenza vera e propria» spiega Ferrarese. Predire la lunga marcia della malattia sarà più facile anche grazie a nuovi test diagnostici neuropsicologici, presentati a NeuroMi, che permettono di delineare con precisione il profilo cognitivo specifico del paziente con Alzheimer. http://www.lastampa.it/2016/07/13/scienza/benessere/alzheimer-le-speranze-negli-immunoterapici-3aXc4xoCKw1MzIBrHPWCzK/pagina.html

Università di Tor Vergata