Il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” orienta la sua missione formativa e di ricerca su tematiche all’avanguardia degli studi sulla vita in tutti i suoi livelli di organizzazione e varietà. Le diverse aree di ricerca concorrono a sviluppare una piattaforma multidisciplinare su temi quali: i meccanismi molecolari delle malattie neurodegenerative, la regolazione dei processi di cancerogenesi; la caratterizzazione di molecole di origine vegetale ed animale; la valutazione delle comunità ecologiche e il monitoraggio ambientale.
Regolamento Dipartimento di Biologia DR 3756 del 06.12.2012
Xla stampa – 4/9/2014, tuttoscienze
La scoperta apre le porte a nuove possibilità di cura per patologie come la sclerosi multipla e porta la firma degli scienziati dell’università di Bristol (Gb), autori di uno studio pubblicato su Nature Communications e finanziato dal Wellcome Trust.
Gli scienziati sperano che i risultati possano portare alla messa a punto di un’immunoterapia “intelligente” in grado di trattare molte patologie autoimmuni, compresi il diabete giovanile (tipo 1), il lupus eritematoso e il morbo di Graves. David Wraith e colleghi sono stati in grado di colpire in modo specifico le cellule responsabili dell’auto-attacco immunitario, trasformandole gli aggressori in paladini difensori. [...]
Sep
la repubblica.it – salute, 2/9/2014
E’ possibile cambiare le proprie abitudini e scegliere alimenti a basso contenuto calorico.
[...] nuova ricerca condotta da scienziati della Tufts University e del Massachusetts General Hospital [...] lo studio pubblicato su Nutrition&Diabetes, dimostra l’effetto di un allenamento ad hoc su abitudini a tavola e peso sulla bilancia, attraverso lo scanner cerebrale di un gruppo di uomini e donne adulte.[...]
http://www.nature.com/nutd/journal/v4/n9/full/nutd201426a.html
Sep
la stampa.it – 27/8/2014 – e. corrà
Alcune specie di api – già sotto la lente di ingrandimento per la “sindrome da collasso della colonia”, la moria catastrofica di impollinatori che affligge gli alveari di America ed Europa – hanno sviluppato un incredibile adattamento alla plastica, al punto da usarne frammenti per costruire le celle in cui deporre le uova
[...] Alcuni ricercatori di Toronto, Canada, hanno in effetti osservato questo comportamento in due specie, la Megachile rotundata, che di solito opta per le foglie ed è stata osservata montare il proprio alveare anche con pezzi di polietilene (i sacchetti di plastica, appunto, su circa lo 0,85% % delle celle analizzate), e la Megachile campanulae, che sembra in grado di abbinare alla resina naturale raccolta dagli alberi un collante sintetico come il poliuretano (sullo 0,74% del campione).
Secondo Scott McIvor, che ha curato il protocollo di ricerca, i nidi di queste api, in cui sono nate regolarmente le nuove pupe, potrebbe riflettere un tratto adattativo necessario per la sopravvivenza in ecosistemi ormai dominati dall’impronta umana [...]
http://www.lastampa.it/2014/08/27/scienza/ambiente/inchiesta/anche-le-api-si-arrendono-alla-plastica-fanno-lalveare-con-i-sacchetti-della-spesa-YifAVwQbgIVuxJz0A5hnjN/pagina.html
Sep
A livello di ecosistemi la loro produttività primaria netta dipende più dalle dimensioni e dall’età della pianta che dal clima
corriere della sera.it, 11/8/2014 – m.spampani
una ricerca fatta su mille foreste in tutto il mondo ha rivelato che sono le dimensioni e l’età delle piante ad avere più impatto sulla loro crescita piuttosto che la temperatura e le precipitazioni. Secondo i ricercatori dell’Università dell’Arizona, il cui studio è pubblicato dalla rivista Nature, la variazione negli ecosistemi forestali terrestri è caratterizzata da una relazione matematica comune, ma il clima gioca un ruolo diretto relativamente minore. È indubbio che questi risultati hanno importanti implicazioni nella costruzione dei modelli utilizzati per prevedere gli effetti del cambiamento climatico globale sulla funzione degli ecosistemi e sulla produzione alimentare mondiale. [...] Brian Enquist, professore del dipartimento di ecologia e biologia evoluzionistica dell’Università dell’Arizona, che ha condotto la ricerca in collaborazione con i colleghi dell’Università Normale di Fujian in Cina e del Kenyon College di Gambier, Ohio. «Essenzialmente si pensa che ambienti caldi e umidi consentano un metabolismo più veloce della pianta, mentre ambienti freddi e asciutti rallentino il metabolismo e quindi la produzione di biomassa», aggiunge il ricercatore. «Questa ipotesi è sensata, come sappiamo da innumerevoli esperimenti in ambiente controllato dove si evidenzia che la temperatura e l’acqua controllano la velocità di crescita delle piante. Tuttavia, quando applicata a una scala di interi ecosistemi, questa ipotesi sembra non essere del tutto corretta». [...]
http://www.nature.com/nature/journal/v512/n7512/full/nature13470.html
Università di Tor Vergata